L’aria negli ambienti interni è più inquinata di quella esterna

Trascorriamo troppo tempo in spazi chiusi. Come riportato sulla Relazione per il Ministro della Salute datata marzo 2000 per il Piano Nazionale di prevenzione della salute negli ambienti confinati, la maggior parte della popolazione dei paesi industrializzati trascorre sino al 90% del proprio tempo in ambienti confinati: abitazione, lavoro e spazi commerciali o ricreativi).

Recenti studi di settore hanno confermato che, in presenza di fonti interne e con bassi livelli di ricircolo dell’aria, i livelli degli inquinanti riscontrabili negli ambienti indoor (in particolare i livelli dei composti organici volatili COV), possono essere molto superiori rispetto a quelli rilevati all’esterno, talvolta anche 10- 20 volte maggiori, come nel caso della formaldeide. Normalmente, gli occupanti degli edifici risultano esposti non a una singola sostanza, ma a una miscela di sostanze inquinanti, in concentrazioni variabili nello spazio e nel tempo, emesse da sorgenti che possono essere differenti per numero e tipologia.

D’inverno capita raramente di aprire le finestre per ricambiare l’aria, con l’effetto di un ristagno di polveri, gas inquinanti, odori, fumo di sigaretta, composti organici volatili, allergeni e agenti patogeni che spesso ci causano occhi e gola irritati, mal di testa, spossatezza, scarsa capacità di concentrazione, fino ad arrivare a vere e proprie patologie gravi come asma e tumori. A volte, per chi abita in luoghi ad alta densità di traffico, aprire le finestre è poco raccomandabile.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 7 milioni di persone all’anno muoiono a causa dell’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico. La scarsa qualità dell’aria interna è stata collegata a una serie di malattie , tra cui asma, polmonite, cancro ai polmoni, malattie polmonari ostruttive croniche e malattie cardiovascolari. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, l’inquinamento “indoor” è responsabile del 2,7% del carico globale di malattia nel mondo (Global Health Risks: Mortality and burden of disease attributable to selected major risks WHO, 2009). In generale, i bambini sono i gruppi più colpiti dalle conseguenze dell’inquinamento dell’aria in ambito domestico, responsabile del 4,6% delle morti per tutte le cause nei bambini da 0 a 4 anni, per infezioni respiratorie acute. In alcuni Paesi europei il 20-30% delle famiglie ha problemi di umidità nelle abitazioni, con un conseguente aumento del 50% del rischio di problemi respiratori e il 13% di casi di asma infantile (OMS 2009).

L’inquinamento indoor è una forma di alterazione ambientale che interessa i luoghi chiusi. E’ determinato da comportamenti o fattori messi inconsapevolmente in atto, come la scorretta abitudine di non areare gli ambienti quando si cucina, di utilizzare deodoranti o prodotti per la pulizia domestica, ma anche dalla presenza di materiali di costruzione o di mobili da arredo che al loro interno possono contenere e sprigionare determinate sostanze inquinanti o irritanti. La stessa cosa vale anche per gli ambienti lavorativi indoor, dove si aggiungono polveri sottili dovute a climatizzazione estiva e invernale, ai toner delle stampanti, alle molteplici fonti irritanti se non tossiche.

La qualità dell’aria interna (Indoor Air Quality o IAQ), come definito sul sito del Ministero della Salute, “si riferisce all’aria interna che si respira negli ambienti confinati, quali abitazioni, uffici pubblici e privati, strutture comunitarie (ospedali, scuole, uffici, caserme, alberghi, banche), ambienti destinati ad attività ricreative e sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive), mezzi di trasporto pubblici e/o privati (auto, treno, nave, ecc.)”.

Salvo rare eccezioni, le sorgenti d’inquinamento sono in massima parte artificiali: i materiali da costruzione e d’arredo, i prodotti per la pulizia della casa, i processi di combustione (riscaldamento, cottura, bastoncini incenso e candele profumate, ecc.), i sistemi di ventilazione, la cottura dei cibi, il riscaldamento, i combustibili solidi (biomassa: legna, pellet, ecc.), gassosi (metano, butano, GPL, ecc.) e liquidi (biomassa: etanolo). Un deodorante per ambienti rilascia costantemente dei composti organici volatili (COV), che sono tossici.

Uno studio dell’Università del Colorado Boulder ha evidenziato che si è più esposti al PM2,5 (minuscole particelle pericolose per la salute umana se inalate) mentre si cuoce una frittata in cucina che a camminare in una strada trafficata. Cucinare un arrosto potrebbe produrre livelli più elevati di PM2,5 rispetto a quelli che si trovano nelle strade di Nuova Delhi, una delle città più inquinate del mondo.

Arieggiare gli ambienti è ottima prassi, ma in certi casi il PM presente in aria ambiente esterna (outdoor) penetra negli ambienti indoor, contaminandoli. Principali sorgenti esterne sono il traffico veicolare, i fumi da riscaldamento degli edifici, le emissioni industriali, i pollini, le spore fungine, i frammenti vegetali e animali. Le condizioni microclimatiche indoor (temperatura e gradienti termici, umidità relativa e velocità dell’aria) incidono.

Il materiale particellare (Particulate Matter, PM) atmosferico (PM10 e PM2,5) è stato classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro tra le sostanze e miscele di Gruppo 1, ovvero come cancerogeno accertato per l’uomo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera principalmente le frazioni dimensionali PM10 e PM2,5, riportando per esse i valori guida da utilizzare nella valutazione della qualità dell’aria, in quanto penetrano e si depositano oltre la laringe e nelle vie aeree non ciliate. Mentre il PM 10 raggiunge solo i bronchi, la trachea e le vie respiratorie superiori, il PM 2,5 è in grado di penetrare negli alveoli polmonari con eventuale diffusione nel sangue.

Le raccomandazioni dell’Istituto Superiore della Sanità ci invitano ad aprire porte e finestre creando ricambio d’aria, ma anche ad utilizzare sistemi portatili di depurazione dell’aria tenendo conto della volumetria dell’ambiente, il layout, il tipo di attività svolta, il numero di persone presenti (vedi Rapporto ISS COVID-19 n. 5. La normativa indica per le abitazioni un ricambio di aria forzata medio di 3x / 4x ogni ora (UNI 10339) da calcolare secondo la qualità dell’aria esterna, dal numero di occupanti l’ambiente indoor e dal tipo di occupazione.

L’aria presente all’interno degli ambienti chiusi proviene dall’esterno mediante ventilazione. Questa può essere di tipo naturale oppure di tipo meccanico. Si ricorre a quest’ultima normalmente quando la ventilazione naturale non è sufficiente a garantire una buona qualità dell’aria interna, che dipende principalmente dalle caratteristiche dell’involucro dell’edificio, ma anche da caratteristiche intrinseche degli ambienti, come ad esempio il numero di occupanti presenti, il tipo di attività svolta, e così via.

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